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La pittura parlante / Meghan Baum e Elisa Insua

Certe volte vorremmo sentire parlare i quadri che guardiamo ?

Forse vorremmo che stare davanti a dei quadri e si materializzasse quello che vediamo come se non fosse un’illusione  o forse  vorremmo poterci entrare dentro. Le parole sono solo altri segni che si possono aggiungere a quello che vediamo, ma sentirne pronunciare le parole che si affollano nella mente è diverso.

Lasciamo parlare le pitture, tanto emetteranno parole silenziose e quello che ne scaturisce è “l’evidenza” pittorica che autocita senza aver bisogno neanche di trovare degli appellativi descrittivi.

“The way I approach my work is similar to how one of my favorite writers, Joan Dideon, approaches writing – “I write entirely to find out what I am thinking, what I am looking at, what I see and what it means. What I want and what I fear.” Meghan Baum.

Se è parlante e non si autocita, allora cosa emette un suono davanti a questi quadri?

Ascoltando l’Overture Tannhäuser: “Ballando si stendeva la luce sui ogni elemento, come rimbalzi di scroscianti cadute dal cielo, su tavoli accoglienti e splendenti, i cieli si inabissavano sul pavimento della casa e si aprivano le pareti che cadendo come lenzuoli nel mare aperto ondeggiavano fluttuando tra cielo e ombra, dissipando tutta l’energia nel cercare di catturare i zampilli di luce scaldati sul metallo delle nuvole”.

“My oil paintings are representations of nature – places one would go for solitude and often imply atmosphere, light, fog, fire, mist and foliage.” Meghan Baum

This Is Where Hide, Meghan Baum©

“My work reflects upon human insatiability, analyzed from the economic point of view. It deals with wealth, excess, opulence, ostentation, luxury and, especially, material accumulation”. Elisa Insua.

 

Paola Ricci ©Photo

Tanto diversi come tanto vicini i lavori di Meghan Baum e Elisa Insua, non nei soggetti e neanche come tecnica pittorica, ma per quello che vogliono narrare. Il vuoto non è presente per riempire e il pieno non ci fa sentire stabili.

Entrambe queste artiste sono nell’atto del rappresentare delle “solitudini” arricchenti e allontanarsi dal “caos” che circonda una società che attualmente non è tanto diversa dal caos che hanno vissuto altri artisti.

Il caos emotivo è quello che percepiscono esternamente e la tela ne assorbe il parlato che loro decodificano nella loro mente come se avessero un codice interno e decifrando col colore, le forme e le masse che costituiscono la loro composizione.

SundayMorning, Meghan Baum©

I quadri di Meghan sembrano dissolti e liquefatti momenti per attimi mentre le tele di Elisa sono aforismi compatti e circoscrivibili. Traboccano entrambi di colore che gira e muove energie vitali, dove non c’è presenza umana o animale, ma atmosfere aneddotiche , sfuggenti momenti privati, curiosi significativi come breve piece teatrali. I personaggi ci sono in questi quadri, ma non si vedono. Forse seduti su un sofà ricolmo di oggetti che spuntano dovunque, oppure inabissati in foreste che sembrano immerse in un lago di luce che rimbalza in superficie col rispecchiamento del paesaggio.

Untitled, Meghan Baum©

La pittura è un duro e lento lavoro di accumulazione di strati diversi e di velature che possono andare dallo scuro al chiaro se occorre che il colore finale sia profondo come il fondo dell’oceano, oppure sottrarre lentamente oscurità per raggiungere la rarefazione del pulviscolo di aria di primo mattino. Questo lavoro richiede quella solitudine che Meghan pone sulle sue tele.

 

At home with America – Elisa Insua ©

Occorre il disegno invece per Elisa che è la traccia delle sue ambientazioni, un disegno di accumulo, ma anche di equilibrio tra le parti “disseminate” sulla larga superficie della tela che occupa anche parte intera di una parete come fosse un scenario che si apre in una stanza svuotata dello studio di lavoro.

Il giallo accecante è “mitigato” dal rosso tagliato col bianco fino a far coincidere le luci tra loro del giallo di Napoli e il rosa incarnato. Traboccante di oggetti piacevoli sul sofà è forato, forse ferito, forse solo riempito fino a scoppiare e rimane intoccabile come il “tesoro” raccolto vicino a una lapide a quella solitudine che si rinnova sospesa su un fondale che non ha pavimento o parete, ma solo “limbo” intoccabile. Niente si tocca nelle tele di Elisa Insua

Rest in Peace – Elisa Insua©

 

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