Nel Padiglione delle Gioie e delle Paure questo grande artista assume una collocazione emblematica e di memoria storica per la 57. Esposizione all’interno della mostra VIVA ARTE VIVA della curatrice Christine Macel.
Questo artista, con le sue opere, ha rappresentato come una folgorazione il tema della Gioie e delle Paure che è la materia dell’ossimoro che racchiudono queste due parole affiancate insieme.
Le Paure allora possono racchiudere anche le Gioie?
Vedendo queste opere non sembra possibile ?
Lo sguardo umano è quello di tenere separati questi due ambiti, ma forse il limite può essere labile in alcune occasioni?
L’artista magiaro usa il proprio corpo per testare i propri limiti fisici e psicologici, camminando tra la vita e la morte.
La sua ricerca fu nel periodo degli anni ‘70, in cui l’Ungheria subisce il regime autoritario sovietico. Ispirato al movimento Fluxus, Tibor Hajas inizia le azioni di strada e a realizzare opere concettuali. Solo negli ultimi anni della sua vita, nel 1978, intraprende prestazioni rituali, usando il suo corpo come mezzo.
Egli ci dice: “ La mancanza della fotografia è come la mancanza dell’acqua. La comunicazione con il mondo esterno cessa. La storia senza prove diviene non solo privata, ma una storia segreta, un’allucinazione con cui bisogna fare i conti da soli.”
Allora questo condividere con “il pubblico” attraverso un mezzo veloce ed immediato lo porta a rendere le paure una dimensione onirica ed di avventura filmica come se la narrazione sia surreale nel essere così secca e concisa che il concettuale forse abbaglia per non dare risposte. Vedendo queste immagini sembra di stare difronte a qualcosa che realmente è accaduto, perché la foto lo documenta, ma nello stesso tempo la narrazione porta in una fascinazione del limite del reale.
“The less you are able to live out reality, even though you are forced to go through it, the more you can experience it in the form of a genre or symbols, that is to say, in art.” Tibor Hajas
La fotografia in questa manifestazione è una tecnica di “estrema” tra bianco e nero diventa un limite tra incisione e pittura e stampa in fotoincisione. Il corpo è si fotografato, ma è anche dipinto sovrapposto come strati di diverse emozioni dalla gestualità di una pittura irreale perché addice alla Paura che aleggia nel setting. La Gioia è un sottile desiderio di superare le avversità e prolungare il più possibile un tempo di “pace” apparente in modo che la gioia non venga scavalcate dalle ansie che prima poi finirà e la vita presenterà un altro passaggio sul tuo corpo-pelle.
Qui il corpo è “segnato” ma non nel tempo, ma con un’azione performativa che si appoggia e interagisce con il corpo come se il “body” sia una pittura allusiva. La superficie della carta fotografica si presta a questo “scalfire” sulla superficie impressa e bagnata segni incisori che sembrano che si trasporteranno sulla pelle veramente.
Corpo rotante, corpo gettato nelle buche dell’inconscio e il nero racchiude il mistero di questo mondo di Paure e Gioie. L’opera ricorda la stampa a contatto dei fotogrammi per realizzare uno storyboard, dove i testi non devono essere posti , la produzione è di un film che non si vedrà mai , ma le sequenze sono li a muovere lo spazio in cui il corpo è costretto a stare e la successione delle immagini è l’apoteosi di un movimento che forse sta ancora avvenendo e non si è mai fermato neanche sull’immagine fotografica a cui l’artista fa rispecchio di se stesso.
#BiennaleArte2017
#VivaArteViva
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