Alfredo Pirri / Intervista
Incontrare un artista nel suo studio è sempre come entrare in punta di piedi nel suo spazio protetto, dove egli sta a contatto con il suo “fare” opere che occupano spazio vuoto nell’atmosfera dello studio.
Incontrare un artista nel suo studio è sempre come entrare in punta di piedi nel suo spazio protetto, dove egli sta a contatto con il suo “fare” opere che occupano spazio vuoto nell’atmosfera dello studio.
Semmai si corresse sul crinale di una collina e si trovasse un limite, allora superando i confini la paura diventerebbe la gioia, che solo il vento nell’aria non ha divieti e muove i colori che sventolano nel cielo.
Se uno può scegliere dove abitare ne sarebbero grati il corpo e la mente dell’uomo, ma quando non è possibile, allora almeno cercare di prediligere “come” abitare, è fondamentale.
Accorre ai piani superiori, raggiungere una ipotetica vetta che non sarà mai quella definitiva, scorgerne la vista che non sarà mai totale, quello che potrà essere possibile è ricercare uno spazio libero dove non c’è volume non c’è costruzione, ma è lo spazio per muoversi liberi.
Se corri in una città, colui che appare scompare in un attimo impreciso anche se corri dietro a questa immagine potrà nuovamente nascondersi come un attimo perso; quello che rimane sono gli angoli dove l’ombra si è girata e tu ne catturi la sembianza.
Poste le pareti suddividono lo spazio, ma se l’ostacolo è attraversabile vedendo la parete successiva, allora di cosa sono costruite ?
Le impronte le prendiamo sporcandosi le dita con inchiostro, e rilasciandole su una superficie che andiamo a toccare. Può un edificio andare toccare un’altra superficie?
A un tratto la luce del sole aveva illuminato un tratto della Stazione in Columbus Avenue; non c’era ancora nessuno solo il sole illuminava quel tratto di strada, ma il fotografo aspettò , dovette aspettare e solo quando tutto reagì con i sali ferrici, l’immagine fotografica apparve.
“Punti di vista”, sembra che sia le opinioni diverse su un argomento in discussione, invece è il titolo della mostra alla Casa di Goethe che gioca su un lavoro di ricerca della fotografa Kerstin Schomburg, svolto sul territorio dell’Italia centrale e in particolare modo su Roma.
Se il lavoro dell’artista è visto attraverso un video, mentre egli lavora, allora quel “fare” diventa magia è come se si potesse catturare l’azione e interiorizzarla come una sfida estetica.