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Sun-Yuan, Peng-Yu/ Biennale di Venezia 2019

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Le macchine catalizzano il nostro sguardo, siamo conglobati nel loro fare per noi, eseguono azioni meccaniche che ci eliminano sforzi e tempo nel lavoro e in altre occupazioni.

Le macchine sono state sempre presenti già dal secolo precedente, nella vita dell’uomo; anche nell’arte la compartecipazione di meccanismi meccanici che si muovono e manifestano azioni ripetitive e sonore con l’azione dell’uomo, sono state utilizzate.  Come l’artista svizzero Jean Tinguely, definito l’artista dei marchingegni.  Fu un artista che rivelò quello che forse è difficile comprendere all’inizio di una carriera artistica, che un artista debba scavalcare quello che si frappone tra se  e quello che incombe nel suo processo creativo. Le sue erano poetiche della forma, del suono e del meccanismo formale degli ingranaggi, aspetti che non si vedevano facilmente nel panorama artistico degli anni ’50.

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Sun-Yuan, Peng-Yu, Can’t Help Myself/ 58.Esposizione Internazionale d’Arte La Biennale di Venezia, May You Live In Interesting Times, Paola Ricci ©Photo

Ora le “macchine” nell’arte racchiudono, perdendo parvenza di struttura poetica, una sembianza antropomorfica, feroci o ironiche. Sono allusive le parti di corpo che si amplificano  nello spazio e agiscono  come robot umanizzati. Così Sun-Yuan e Peng-Yu ci presentano due lavori in questa Biennale di Venezia  ancora aperta.

Nella formula del curatore, Ralph Rugoff, è quello di proporre due lavori diversi uno nella sede dei Giardini e l’altro all’Arsenale.

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Sun-Yuan, Peng-Yu, Can’t Help Myself/ 58.Esposizione Internazionale d’Arte La Biennale di Venezia, May You Live In Interesting Times, Paola Ricci ©Photo

Ai Giardini nel padiglione centrale è stata realizzata una stanza nella stanza separata dal pubblico solo da vetri, in cui è contenuto una struttura centrale che con un braccio gira in modo rotatorio e a raggiera nel “ripulire” il pavimento di una sostanza liquida che ricorda il sangue. Accumula il liquido in un movimento centripeto.

Risulta così l’azione ripetuta all’infinito dove lo spazio interessato diventa una stanza che si trasforma, ma anche persiste nella suo essere statico nello spazio.

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Sun-Yuan, Peng-Yu, Can’t Help Myself/ 58.Esposizione Internazionale d’Arte La Biennale di Venezia, May You Live In Interesting Times, Paola Ricci ©Photo
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Sun-Yuan, Peng-Yu, Can’t Help Myself/ 58.Esposizione Internazionale d’Arte La Biennale di Venezia, May You Live In Interesting Times, Paola Ricci ©Photo

“Can’t Help Myself” è del 2016 e si presenta nuovamente come roboante presenza nella Biennale; si piega come un curvatura di un corpo o come un piegamento di un braccio che si estende e si richiude in se stesso. Quello che l’occhio “valuta” è l’azione “funzionale” alle parti di un corpo che è però meccanico. Il liquido ostinatamente non viene catturato non può essere fermato e questa sua ossessiva mutazione nello spargersi sul pavimento è la fissazione dei due artisti. Programmato che il liquido rimanda confinato in una certa area rende la situazione “circoscrivibile”, la macchina è rinchiusa nella sua azione. L’uomo programma qualcosa per rendere la macchina asservita a un’azione.

L’azione è estetica?

La situazione è una costruzione, una scultura, una performance?

I movimenti della macchina sono ben 32 , Sun-Yuan e Peng-Yu hanno lavorato su un robot industriale , sensori di riconoscimento, realizzando sistemi per software.

La catena di montaggio che ripete i gesti si è tramutato in un “strumento artistico” che maldestro schizza in quella stanza nella stanza e non si comprende chi è cosa non blocca la ripetizione.

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Sun-Yuan, Peng-Yu, Can’t Help Myself/ 58.Esposizione Internazionale d’Arte La Biennale di Venezia, May You Live In Interesting Times, Paola Ricci ©Photo

Poi all’Arsenale i due artisti hanno realizzato un’altra opera chiamata “Dear, 2015”, ancora un contenitore trasparente che è posto lungo il corridoio aperto del percorso per gli spettatori.  Abbiamo una poltrona bianca di silicone incamerata in un cubo trasparente, la forma della sedia ricorda il trono di un reggente. Da questa seduta fuori esce un tubo sottile nero che come una biscia impazzita, si sposta nello spazio dato dagli sbuffi d’aria che imprimono movimento.

Sbatte violentemente contro tutto ciò che incontra attorno a se. La sedia è inerte non c’è e non ci sarà nessuno su quella seduta è solo fonte di “emettere” un cavo che si dimena come quei movimenti frenetici di contrazioni dolorose al limite della morte e poi per ripetersi a intervalli di tempo.

L’attacco prossimo sarà uguale e diverso nello stesso tempo come il manifestare energie celate ma esistenti.

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Sun-Yuan, Peng-Yu, Dear, 2015 / 58.Esposizione Internazionale d’Arte La Biennale di Venezia, May You Live In Interesting Times, Paola Ricci ©Photo

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