Quando si guarda il ritratto eseguito dall’artista che è l’artefice della pittura di “precisione” e dettaglio della conformazione del volto, ci si chiede quanto il personaggio sia tale nella realtà e quanto l’artista ha posto una sua libera trasformazione. Il realismo della soggettività è difficile da individuare nei grandi antichi ritrattisti. Eppure questi ritratti sono l’estensione di tempo che ogni pennellata allunga fino a noi e al futuro che vedranno ancora queste tele. Tempo che non esiste, come non calcolando i passaggi degli eventi, ma tempo allungato verso il senso della vista e dell’immaginare, lo spazio di quel personaggio è nostro per il tempo che ci dedichiamo davanti a lui.
“Sono convinto che l’intera conformazione estensiva di ogni opera d’arte parta da un seme spirituale che, se è vero che solo l’estensivo rende possibile la conformazione, è privo di forma” Georg Simmel.
Abbiamo nei ritratti, che l’estensione cromatica è la forma interiore della somiglianza ed è una “relativa” necessità per chi vuole riconoscere gli aspetti della persona; la somiglianza non scaturisce dalla bellezza del dipinto, ma la ricerca di riconoscere il personaggio porta a scoprire l’intimità della persona.
La figura di questo personaggio, un dignitario orientale, che Rembrandt ritrae fino alle ginocchia è illuminato in tre punti diversi, il capo con il turbante e parte del busto e la mano.
L’ombra che avvolge il resto del corpo e fa intravedere la mano che esce dalla veste, crea un gioco di spostamento in cui la figura è in avanti e il capo indietro, come fosse fluida questa massa “monumentale”. Lo sfondo indefinito aumenta questo “galleggiamento” del personaggio, in uno spazio che sembra lunare o inesistente.
La luce determina la visione dei dettagli che come ricami di una tessitura preziosa sbaragliano il resto del capo vestiario; il viso è adornato dalla luce e quella emessa dagli orecchini che come trasparenti gocce sembrano che si dondolino nell’aria astratta realizzata da questo fondale del mistero.
La luce descrive, determina il personaggio, lo rende visibile e lo sposta dall’ombra come se fluttuasse nello spazio; la luce costruisce il vestito che indossa, appare la materia preziosa, ma nello stesso tempo, te la nasconde e non comprendi cos’altro è celato.
Il turbante è morbido perché la luce si appoggia sul volume e la pittura è il segno della luce che fa vedere le trame del tessuto del turbante che gonfia il capo; il grigio è tagliato dal colore dell’atmosfera è intervallato dal bianco che “segna” le pieghe della seta pregiata che avviluppa la testa e ne copre la capigliatura.
Rembrandt esegue quest’opera su tela nel 1632 durante gli anni di Leida che erano eseguiti su tavola; è da notare che la preparazione delle tavole erano di tonalità gialla mentre quelle su tela avevano una tonalità grigia. Questa tonalità grigia è data dalla preparazione del fondo della tela che non si vede in superficie. Il dipinto è conservato al Metropolitan Museum of Art di New York e sarebbe appartenuto al mercante Marten Looten, che nel 1632 aveva commissionato all’artista un proprio ritratto.
La composizione di questo imperioso ritratto di grandi dimensioni è diviso allora in tre sezioni orizzontali che dividono tra loro le sensazioni che incatenano il visitatore: il capo , il busto e la mano. Il viso del personaggio squadra ogni osservatore posto difronte col suo sguardo fermo verso il pittore che lo riprendeva; immobile a se stesso, non fa trapelare nessuna emozione e gli occhi s’inclinano con lo spostamento leggero del capo verso un lato, come se volesse lasciarsi andare dalla sua gelida autorevolezza. Il pittore plasma nuovamente questa “durezza” dello sguardo, ammorbidendo ogni increspatura della pelle, che l’essere anziano ormai manifesta, e ogni rigonfiamento diventa un addolcire dell’espressione.
Il busto appare ampio e tutto tondo, la luce rigonfia il tessuto e lambisce ogni preziosità che la maestria delle pennellate dell’artista è in grado di dare volume e ricamo, come se fosse lui a ricamare con filo dorato la veste del personaggio e apporre la sciarpa che soffice si ferma sopra il medaglione lavorato che contrasta la pesantezza del cappotto. Poi infine, la mano tiene un bastone è lo spazio-luce riappare dall’oscurità, e l’incalzare del tempo corre avanti, spinge quasi nel fare uscire dalla tela l’uomo e sposta tutto il busto in una rotazione leggera che avviene quando si osserva una scultura e non un dipinto.