Arte di scrivere, Editoria
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La poesia non è un genere definibile / Hofmannsthal, Rilke.

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La lingua non è sempre a disposizione per essere l’elemento per un genere letterario definibile; la lingua per parlare è “posseduta” dall’umano per esprimere parole.

Il silenzio, posseduto dalla sordità, diventa la dimensione solitaria perché la lingua si annulla. Se però l’umano non è sordo e rimanendo nella sordità della natura, deve avere la pazienza di ascoltare e distinguere e riconoscendo tutte le pause della natura che emette.

Essere all’altezza dell’enigmatico dire della natura.

I poeti non si sforzano ad ascoltare il silenzio della natura, loro traducono nelle parole.

 

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Installazione visiva , Paola Ricci©Photo

 

Il poeta fa l’esperienza con la parola, stando come in un deserto metaforico per poter ascoltare ciò che è non presente, e distaccandosi da ogni confutazione di che genere di suono possa essere; la parola che ne scaturisce diventa allora un fluire senza sosta e senza avere il minimo riscontro di una definizione accademica o letteraria.

La liberta in questo caso non è caos e mancanza di approdi a terre conosciute o campi di confronti n cui la parola è sezionata. Quello che è alimentata è la pazienza nel poeta quando si cimenta nella scrittura della poesia. La pazienza nel tempo, senza limitazioni ma anzi allargata nelle sue infinite possibilità, la condensazione in cui la parola si muove nella poesia è l’arricchimento che la parola va a cercare nelle sue mille manifestazioni comunicative.

Nella poesia quello che suggerisce è di non fare niente, ma di stare in uno stato di attenzione una concentrazione che distacca anche dallo spazio in cui si compie la lettura.

Silenzio e solitudine è per smascherare il mondo e far a meno di ogni confutazione.

 

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Hugo von Hofmannsthal Lettere a Rilke 1902-1925
Edizioni Via del Vento, in copertina xilografia di Pietro Parigi per la rappresentazione annuale
del Dramma Popolare di San Miniato , 1967

 

Susanna Mati è filosofa e scrittrice e introduce e cura due volumi della Casa Editrice Via del Vento di Pistoia di Hofmannsthal e Rilke.

Di Hugo von Hofmannsthal sono le “Lettere a Rilke” 1902-1925 e l’altro volume è di Rainer Maria Rilke. “Poeti Solitari”.

Le lettere sono brevi testi in cui leggiamo le lettere di Hugo Hofmannsthal inviate a Rilke e chiaramente senza le risposte dell’interlocutore. Sono lenti passaggi di stima e di condivisione da parte di Hofmannsthal, di vita anche quotidiana e di “creazione” sulla parola. Sono parole sulle parole, come se il silenzio dall’altra parte, di come il poeta avesse risposto, diventa l’attenzione per il lettore e per quello che Hofmannsthal scrive. Si immaginano le poesie che viaggiano e si spostano in uno scambio epistolare che manifesta l’ “accennare” di quello che esse sono o non sono.

Il piacere di Hofmannsthal è presente in queste lettere e per le poesie di Rilke, quelle  tratte dal libro “Buch der Bilder” e in particolare modo ne descrive e sceglie:  “tono così tipicamente cupo-caloroso, la mia favorita rimanga la bella leggenda dei tre Magi”.Hofmannsthal

 

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Hugo von Hofmannsthal, litografia di Karl Bauer

 

Cupo e caloroso sembra un ossimoro che non fa altro che porre curiosità e attenzione in questo silenzio che unisce una persona presente con le sue lettere e l’atro è un fantasma che appare attraverso l’intuizione che occorre decifrare tra le parole. Poi come scrive Susanna Mati, alcune lettere sono andate perse e ricostruire il filo conduttore è un lavoro che si riduce al minimo possibile dando per contro la possibilità per il lettore di immaginare atmosfere diverse ad ogni rinnovo di lettura.

 

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R.M. Rilke “Poeti solitari” edizioni Via del Vento, in copertina Profeta , xilografia di Emil Nolde 1912

 

Nel secondo libro, quello di Rilke,  anela la solitudine proprio come ricchezza dell’anima; “Il solitario demone mediatore trai mortali e i superni, Amore senza casa e senza rifugio, costringe sempre gli amanti a superarsi, i solitari a dipartire, i cuori ad eccedersi” Susanna Mati.

Sono presentate due prose inedite e tratte da R.M. Rilke, Sämtliche Werke, vol.V . La prima Intérieurs, del 1898, la seconda risale al 1903 e reca il titolo redazionale di Fragment von den Einsamen (Frammento dei solitari ) qui modificato in quello di Poeti solitari che da il titolo al libro.

 

 

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R.M. Rilke con la moglie Clara Westhoff a Westerwede nel 1901.

 

Intérieurs è suddiviso in XX piccole “scene” dove le parole del poeta sono sospese tra loro, ma in una successione che sembra come l’acqua che esce da una fonte senza luogo, da dove non si sa come arriva l’acqua e neanche dove andrà. E’ il fluire quello che si sente e l’attenzione della lettura sta proprio in quello scorrere senza definizione di inizio e fine. La forma è ascrivibile in uno scorrere meditativo come se l’inizio di quella parola, associazione e luogo diventa amplificato e si allarga nella quantità dei dettagli e delle associazioni e dell’uso di aggettivi che continuamente si inanellano tra loro senza sforzo, senza rumori eccessivi,  ma come un filo infinito di perle di diversa forma colore e dimensione.

“E conservano il timore di tutte queste cose all’interno dell’oscurità di seta della loro vita e di fronte a questo congiungono le mani. Così le loro preghiere sono(…) “ Rilke.

Fragment von den Einsamen, è la seconda parte del libro e come un piccolo scrigno contiene l’eterno dubbio di cosa possa essere l’elemento da proteggere e da preservare: “ Io credo che tutte queste esperienze di solitari vivano in mezzo a noi in ininterrotte trasformazioni” Rilke.

Quello che si sviluppa nelle poche pagine è la trasformazione dal dubbio del solitario alla possibile consapevolezza di stare nel dubbio; dello svanire del destino rispetto alla moltitudine che è rinchiusa nel tempo.

Forse quello che Rilke chiede alla poesia, è di stare nel perturbante e nell’imprevisto; abbandonare totalmente l’essere per stare, al di là dell’ accadere, come ad un passo del luogo laggiù, per tornare nel qui ed ora.

http://www.viadelvento.it/

 

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Installazione visiva , Paola Ricci©Photo

 

 

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