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Intuition/ la chiarezza improvvisa I

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“Intuition” il primo significato che è dato a questa parola anglosassone del “Middle English”, del tardo Rinascimento inglese, è la capacità spirituale d’immediatezza della comunicazione.

Sembra che la parola possa già nella sua origine contenere un “ossimoro” ?

Vivono termini d’immediatezza / attenzione insieme, possiamo coniugarli come agli antipodi?

Nel dizionario inglese, viene riporta una definizione che racchiude, cosa e come avviene quest’azione di intuizione = “The ability to understand something immediately, without the need for conscious reasoning”.

La parola racchiude sicuramente la possibilità di scandagliare un fenomeno o conoscenza stando in una dimensione sospesa, stare all’inizio e alla fine del processo contemporaneamente, come in un nastro di Möbius. Sarebbe affascinante determinare il punto dove inizia la creazione di una sfera e dove essa termina partendo da una superficie piana; non si riesce a determinare l’orientamento nel nastro e non si comprende il suo inizio e la sua fine e il movimento è infinito.

Intuition, Paola Ricci©Photo

L’etimologia della parola “intuizione” deriva dal verbo latino “tueri”, che significa “vedere” “guardare”; un osservare andando dentro alla materia non rimanendo in superficie assumendo una dimensione di “contemplazione”. Questo significa che si osserva porgendosi in una dimensione mistica e spirituale dove lo spirito risulta, rinnovato nell’azione del guardare che lo porterà ad un cambiamento lento, ma inevitabile.

“Intuition is a feeling which comes out of total freedom, being one with the cosmic.” Axel Vervoordt

 

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Palazzo Fortuny Paola Ricci©Photo

Questa mostra, è curata da Daniela Ferretti e Alex Vervoordt, e conclude un ciclo di mostre che si sono inanellate al Palazzo Fortuny dal 2007 fino a questa mostra conclusiva del 2017; i temi che si sono susseguiti sono stati come i misteri che si cercano di toccare, si attraversano e poi si rimane sempre assetati di scoprire altro “dietro” al tema esposto. Si è sviluppato quello che è mancato di osservare o di toccare, sono state sollecitate tutte le sensazioni che poi si cerca sempre di rivivere, soprattutto quando fanno sentire un bene nella mente e nel corpo, come le mostre “Artempo” (2007), “In-finitum” (2009), “TRA” (2011), “Tàpies, Lo Sguardo dell’artista” (2013), “Proportio” (2015). Intuition forma un duo con “Proportio”, in modo simbolico e letterale. Lo studio delle proporzioni è stata una necessità conoscitiva, per esprime le intuizioni come se la forma artistica avesse trovato un fondamento per poi comunque librarsi in epoca moderna in modo ante litteram.

La fine è forse l’inizio?

Credere nell’intuizione. L’immaginazione è più importante della conoscenza?

Quello che nasconde la materia occorre immaginarlo?

La spontaneità del corpo è l’istinto?

Quello che aleggia in questa mostra è che presenterà una quantità di artisti che non si sono mai incontrati personalmente, perché il tempo storico non l’ha permesso, la distanza delle loro intuizioni non li ha fatti incontrare attraverso il corpo, ma l’intuizione non ha confini e per questo si sposta dalla terra al cielo e nello spazio invisibile ritenuto vuoto.

 

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Steles
Intuition © Jean-Pierre Gabriel

La lungimiranza dei curatori è quella di aver scelto come metterli in contatto, con la loro curiosità di guardarli, osservarli mentre facevano o hanno fatto le opere, per poi creare dei fili sottili invisibili nello spazio espositivo del Fortuny in cui si sono andati ad poggiare.

Come se s’immaginassero dei dialoghi impossibili di Michel Basquiat che parla con Hilma af Klint, o con Galileo Galilei, e Piero Manzoni con Marina Abramović o con gli autori delle Statue Menhir.

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Menhirs-Steles and Basquiat
Intuition © Jean-Pierre Gabriel

 

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Hilma af Klint

Le mostre collettive normalmente hanno la conseguenza di vedere artisti diversi insieme, ma quando c’è uno spirito che aleggia nelle stanze di un museo già presente e vivente, quello spirito allora si posa come una farfalla iridescente sulle opere e né da sembianza, non solo come individuata ricerca, ma come parola enunciata che lascia parlare le opere uno accanto all’altra, registrandone i dialoghi silenziosi.

Le parole chiave di questi dialoghi sono lì che aspettano di essere viste; “dreams”, sogni, dove il dormire riporta sequenze filmiche o voci di parole che al risveglio sono dimenticate dalla materia celebrale ma codificati dalla pelle dell’individuo che senza accorgersi li tramuta in segni, disegni pitture o sculture o semplici aforismi lanciati nell’etere per il prossimo sogno. “Telepathy”, telepatia di sensi e non sensi che vanno a supporre che siano compresi da altri attraverso mezzi diversi. “Paranormal fantasy”, fantasia paranormale di immaginare con la facoltà acquisita i sensi in uno stato indefinibile, dove la scienza non riesce a darsi spiegazioni.

L’arte supera o attinge dalla scienza per muoversi oltre ad un confine definito?

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Kurt Ralske and Ann Veronica Janssens, Paola Ricci©Photo

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Kurt Ralske and Ann Veronica Janssens, Paola Ricci©Photo

“Meditation”, meditazione per focalizzarsi su il pensiero di elementi primordiali che portano al rilassamento del corpo, dove la spiritualità può essere presente come canale che svuota dalla contingenza terrena come “creative power”.

“Hypnosis”, ipnosi per perdere parte del controllo che opera la mente sulla parte razionale che decifra il passaggio della conoscenza per portarsi su un piano di perdita di un’azione volontaria. Ricordi soppressi vengono a galla ma la ragione non è lo strumento e questo permette di poterli riplasmare riadattare come energie diverse.

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Ann Veronica Janssens, Paola Ricci©Photo

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Ann Veronica Janssens, Paola Ricci©Photo

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Kurt Ralske and Ann Veronica Janssens, Paola Ricci©Photo

“Inspiration”, ispirazione che agisce all’improvviso con concause non distinguibili sempre che portano ad agire. La domanda che potrebbe racchiudere tutti questi termini che sono unici, ma che non definiscono un confine netto tra loro è:

Come mai avvengono queste “eventi”?

Perché tutto ciò succede?

Non capire, non sapere dare risposte esatte è la risposta esatta.

Il metodo di studio che aveva Galileo Galilei era rappresentabile in questi passaggi, intuizione/risoluzione, dimostrazione ed esperimento. Ecco che l’intuizione galileiana era la “risoluzione” è stare nell’intuizione che determina un processo di nuova conoscenza. L’osservazione del fenomeno che può portare a un’elaborazione matematica, quello che sarà lo stesso approccio che opterà Enrico Fermi.

Questa mostra si muove su due piani di connessione concettuale; uno trasversale tra cielo e terra dove le azioni degli umani sono rivolte a una percezione sciamanica, dove le credenze di vivere e vedere il mondo è dettato da una prova animista, dove l’alfabetizzazione manca, per toccare energie sconosciute e immediate di guaritori-saggi e rispettati.

L’altra connessione è religiosa e iconografica che si avvicina a descrivere l’azione di “illuminazione”, di dare una luce o esserne la luce, la fonte stessa.

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Kurt Ralske and Ann Veronica Janssens, Paola Ricci©Photo

La magia è religiosa?

La flessibilità della cultura non conosce i termini e i confini stabiliti dalla moralità o gerarchie assolute?

Lo sciamano è frequentemente un uomo, il cacciatore che si aggira sulla terra per “raccogliere” i misteri e le nuove conoscenze. E’ un personaggio che è “malato” e questa è la sua forza che lo porta a catturare le risposte.

La religione è una dottrina dell’anima umana, come sostenere una dimensione che non è strettamente terrena e permette di nutrire di “credenze” lo spirito e di “sacralità”. La sacralità sta in “ALTRO” per dare una risposta al destino umano che sulla terra non riesce ad avere tutte le risposte che si susseguono nella sua esistenza. Le pratiche religioni sono dei “passaggi” in cui si “ripercorre” qualcosa che non è stato memorizzato dandone un valore di “ALTRO”.

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Sant’Anna insegna alla Vergine Mariaa leggere, Anish Kapoor , Paola Ricci©Photo

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Anish Kapoor, Paola Ricci©Photo

Poi i momenti religiosi determinano delle “narrazioni” evangeliche che fortificano questa percorrenza verso l’ALTRO, Annunciazione, la Visitazione e la Pentecoste dove lo Spirito scende sull’umano per fondare uno stato religioso. Momenti che rendono il “divino” una rivelazione ma anche un sogno come il desiderio di manifestazione del divino. La luce diventa una dimensione non sola fisica e chimica, ma uno stato interiore che si manifesta nell’arte come una propagazione di ossimoro creativo.

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Intuition cabinet Kandinsky © Jean-Pierre Gabriel

Vassily Kandinsky, artista teorico ed illuminante, parla della “spiritualità” dell’arte, l’arte astratta che poi è presente, in altri artisti, esposti in questa mostra; fu teorico con la sua capacità di compiere passaggi epocali, dall’arte figurativa a quella della Blaue Reiter (1911), e nello stesso anno elabora lo scritto “Lo spirituale nell’arte”. Egli scrive così: “Ogni opera d’arte è figlia del suo tempo, e spesso è madre dei nostri sentimenti. Analogamente, ogni periodo culturale esprime una sua arte, che non si ripeterà mai più. Lo sforzo di ridare ai principi estetici del passato può creare al massimo delle opere d’arte che sembrano bambini nati morti”. Vassily Kandinsky

Quello che è straordinario, in questo artista, è l’evoluzione della produzione dove sembra che le forme precedenti siano scomparse in quelle successive, non vi è stata alienazione, ma un’elevazione spirituale come se fosse lui trascinato dalle forme e colori che apparivano sotto i suoi pennelli e scritti.

Paul Klee, artista coetaneo di Kandinsky, è visto come “teorico-poetico” dell’arte che ha fatto e insegnato. I titoli che diedero alle sue opere sono enunciati poetici. La sua conoscenza andava a fondo nella scoperta di come la forma si creavano in bilico tra scienza, botanica, fisica e intuizione di mettere in rilevanza questi soggetti nella composizione artistica. Klee voleva che l’arte avesse il compito di capire come funzionano le cose e gli esseri viventi. Dipingere o rappresentare la natura, rocce, fiori, acqua, case e città erano per mostrare la struttura “interna”; una radiografia estetica per comprendere i processi che ne hanno portato alla configurazione.

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Hilma af Klint 1906 Chaos

Hilma af Klint, artista svedese, anticipatrice di un’arte astratta che ha superato le barriere, decide di tenere “nascosto” e invisibile il suo lavoro, perché ritenuto, da lei, incomprensibile per la sua epoca. Scrive nel suo testamento che le sue opere astratte sarebbe state mostrate solo dopo vent’anni dalla sua morte. Hilma fu illuminante ed ebbe una grande “intuizione” che il suo quotidiano artistico si spostava nel futuro e nella produzione del contemporaneo. Condizionata da spiritismo, la presenza dell’invisibile nella sua mente era per rappresentare codici non decifrabili dalla mente razionale, fenomeni non spiegabili dalla scienza ma paranormali; dalla teosofia che la portava a ricercare risposte razionali non attraverso la scienza, ma una connessione con le verità “intime”, come chiaroveggenza e intuizione, non ponendo dei limiti su quello che avveniva, ma con l’accettazione di quest’accadimento di conoscenza. L’antroposofia postulava l’esistenza di un mondo spirituale, intellettualmente comprensibile e accessibile a un’esperienza diretta per mezzo di crescita e sviluppo interiore. Lei si proponeva all’investigazione e alla descrizione di questi fenomeni spirituali per mezzo di un’osservazione “animica” di metodologia scientifica.

Quello che appare è un continuo rimbalzare tra conoscenza scientifica e quella spirituale, in mezzo sussiste proprio il campo “INTUITION”. La necessità umana è di scavalcare gli assiomi e definizioni teoretiche di qualsiasi campo di studio che si compiamo, per poi andare verso il campo dell’impossibile per avere pensieri divergenti e come tali “CREATIVI”, questo è l’attualità di un percorso creativo che sussiste in tutte le epoche e che ha salvato l’evoluzione umana.

Passare da un artista a un altro senza, all’inizio, comprenderne la connessione è la forza per produrre dei processi inaspettati di elaborazioni estetiche; è come attivare una spiritualità personale e sentirsi osservatori unici in questo processo perché ognuno compirà un’evoluzione di assorbimento diverso da quello che vedrà.

 

Passare da un artista a un altro senza, all’inizio, comprenderne la connessione è la forza per produrre dei processi inaspettati di elaborazioni estetiche; è come attivare una spiritualità personale e sentirsi osservatori unici in questo processo perché ognuno compirà un’evoluzione di assorbimento diverso da quello che vedrà.

Il Beato Angelico (1395 circa- 1455) fu il pittore che cercò di saldare nuovi principi rinascimentali, come la visione prospettica nei paesaggi e composizioni con figure umane, però mantenendo ancora saldi dei valori medievali, come quello del valore mistico della luce.

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Beato Angelico, Annunciazione, metà XV secolo , Paola Ricci©Photo

Fu proprio agli inizi degli anni trenta che si dedicò alle “ANNUNCIAZIONI” su tavola. La prima forse fu quella presente al museo del Prado e destinata a San Domenico di Fiesole. L’impostazione di quest’opera è transitoria tra il tardo gotico e il Rinascimento. Risente delle novità del Masaccio, e presenta per la prima volta la presenza e l’uso della luce diafana che è l’elemento principale della composizione esaltando i colori e le masse dei corpi e delle architetture realizzando un’unificazione pittorica nuova per quel periodo storico.

CONTINUA…

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"lasciate nel sole questo brillare di stelle, come libere parole donate la luce, accompagnatele dove loro vogliono andare / let the dazzling stars shine, like words, to accompany them wherever they choose to go"

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